Gran Premio di Monaco Formula 1

Storia e Curiosità del Gran Premio di Montecarlo

Il Gran Premio di Montecarlo è un evento mondano, un appuntamento con la storia e una delle sfide più complesse che il motorsport possa proporre. Il suono acuto dei motori che rimbalza tra i palazzi di lusso del Principato, il porto affollato di yacht che valgono miliardi e la costante presenza di celebrità creano un’atmosfera ineguagliabile. L’intero evento si basa su un paradosso affascinante: auto da corsa tecnologicamente avanzate che sfrecciano a velocità folli su strade cittadine strette, vecchie e progettate per il traffico di un secolo fa.

L’aura di Montecarlo è tale che la sua vittoria vale un posto nella “Triple Crown” (la Tripla Corona) del motorsport, un traguardo non ufficiale che raggruppa le tre gare più prestigiose: il Gran Premio di Monaco, la 24 Ore di Le Mans e la 500 Miglia di Indianapolis. Pochi piloti nella storia sono riusciti a conquistarle tutte, a testimonianza della diversità e della difficoltà delle sfide. Per capire il motivo per cui Monaco è la gara che ogni pilota sogna di vincere almeno una volta, dobbiamo fare un tuffo nella sua storia e svelare le curiosità per le quali è unica.

Le origini: come un Club Automobilistico creò un mito

La storia del Gran Premio di Monaco inizia nel 1929, non per volontà della F1, che ancora non esisteva, ma per l’ambizione di un uomo, Antony Noghès. Noghès era il presidente dell’Automobile Club de Monaco (ACM) e desiderava che il suo club ottenesse il riconoscimento internazionale dalla AIACR (l’organo di governo dell’epoca). La richiesta fu respinta perché l’ACM non organizzava eventi sul proprio territorio; i rally che gestiva si svolgevano principalmente su strade francesi. La soluzione di Noghès fu audace: creare una gara interamente contenuta nei 2 chilometri quadrati del Principato.

La prima edizione si tenne il 14 aprile 1929 e fu un successo immediato, sebbene fosse una gara a inviti e non facesse parte di alcun campionato strutturato. I piloti si trovarono di fronte a una sfida inedita: correre su un circuito cittadino che includeva marciapiedi, tombini pericolosi, binari del tram da attraversare e pendenze ripide. La vittoria andò a William Grover-Williams su una Bugatti, iscritto con lo pseudonimo di “W Williams”, ed egli pose la prima firma su un albo d’oro destinato a diventare leggendario.

Il circuito: un nastro d’asfalto tra lusso e pericolo

Il tracciato di Montecarlo è un nastro d’asfalto che si snoda tra i luoghi iconici del Principato, un layout quasi invariato dalle origini. Ogni curva ha una sua storia: la Sainte Dévote, la prima curva dopo il via, è spesso teatro di incidenti caotici alla partenza. Da lì inizia la salita del Massenet che porta i piloti verso la celebre curva del Casinò, prima della discesa verso il tornantino Fairmont (noto un tempo come Loews), la curva più lenta dell’intero calendario di F1. Segue il celebre Tunnel, un punto critico dove i piloti passano dal pieno sole al buio e di nuovo alla luce accecante del porto in pochi secondi, per poi affrontare la velocissima sezione delle Piscine.

Per piloti e ingegneri, Monaco è un incubo tecnico e una sfida mentale; è un circuito cittadino nel senso più puro del termine. Non esistono vie di fuga; i guard-rail sono a pochi centimetri dalle ruote per tutta la durata del giro e il minimo errore di valutazione si traduce in un ritiro certo. Ragione per cui la sessione di qualifica del sabato assume un peso specifico superiore a qualsiasi altra gara, dato che i sorpassi in gara sono statisticamente quasi impossibili.

Ottenere la pole position a Monaco significa aver già prenotato oltre il 50% della vittoria finale, un dato decisivo per chi studia le scommesse sulla  F1 e influenza in modo diretto le tipologie di scommessa sull’automobilismo disponibili per l’evento.

I Re di Monaco e i momenti indimenticabili

Dominare un tracciato del genere richiede un talento speciale, e alcuni piloti hanno legato il loro nome indissolubilmente alle stradine del Principato. Il primo “Mr. Monaco” fu Graham Hill, che negli anni ’60 riuscì a conquistare la gara per ben 5 volte, un record che sembrò inattaccabile per decenni e che gli valse il titolo di re indiscusso del tracciato.

Il dominio di Hill fu però eclissato da quello che è considerato il Re Assoluto di Monaco: Ayrton Senna. Il pilota brasiliano detiene ancora oggi il record di 6 vittorie nel Principato, di cui 5 consecutive tra il 1989 e il 1993. Senna sembrava avere una sensibilità diversa, una capacità unica di “danzare” tra i rail senza mai toccarli. Leggendaria resta la sua performance in qualifica nel 1988, quando rifilò 1,4 secondi al suo compagno di squadra e rivale Alain Prost.

Oltre ai suoi re, Monaco è stata teatro di gare epiche e drammi sportivi. Pochi possono dimenticare l’incredibile edizione del 1996, disputata sotto un diluvio torrenziale: la gara vide così tanti incidenti e ritiri che al traguardo arrivarono solo 3 vetture, con la vittoria inaspettata di Olivier Panis. Quell’evento resta un esempio perfetto per chi analizza le scommesse under/over sul numero di auto classificate.

Altri momenti includono la controversa mossa di Michael Schumacher nel 2006, quando “parcheggiò” la sua Ferrari alla Rascasse durante la qualifica per impedire a Fernando Alonso di conquistare la pole. Infine, c’è la “maledizione” di Charles Leclerc, il pilota di casa che per anni ha visto sfumare la vittoria sulla sua pista per sfortuna o errori strategici.

Curiosità e statistiche

Il Gran Premio di Monaco è unico anche dal punto di vista regolamentare e logistico. È l’unica gara in calendario che non rispetta la distanza minima di 305 chilometri imposta dalla FIA; la gara si ferma a 78 giri (circa 260 km) perché la velocità media è talmente bassa che si sforerebbe il limite massimo di due ore. È anche l’unica prova a disputarsi in parte sotto una galleria, il già citato tunnel. Il circuito richiede il maggior numero di cambiate per giro dell’intero campionato, con stime che parlano di 50-60 cambi marcia ogni tornata. A livello logistico, i team lavorano in condizioni difficili, con garage angusti e paddock improvvisati, lontani dagli standard moderni.

Le statistiche di Monaco sono altrettanto affascinanti e utili per le analisi. Il costruttore con il maggior numero di vittorie è la McLaren, un dato che testimonia la sua storica capacità di produrre telai agili e precisi. La percentuale di gare vinte dalla pole position è altissima, un dato statistico che si può sfruttare in un sistema scommesse ben congegnato.

Un’altra tradizione è il tuffo in piscina: iniziato tragicamente con l’incidente di Alberto Ascari nel 1955 (che finì in mare con la sua Lancia), oggi è un rito festoso per i vincitori, come la Red Bull o Daniel Ricciardo. Infine, il protocollo è unico: il trofeo viene consegnato direttamente dal Principe di Monaco nel palco reale.

Perché Monaco è (e rimarrà) intoccabile

Molti critici, specialmente nell’era moderna, definiscono il Gran Premio di Monaco una gara “noiosa”, una processione dove i sorpassi sono impossibili e tutto si decide al sabato. Alcuni la ritengono anacronistica, inadatta alle vetture di Formula 1 attuali, troppo larghe e veloci per quelle stradine. Eppure, la sua rimozione dal calendario è semplicemente impensabile. Monaco è il gioiello della corona, l’evento che attira più sponsor e prestigio.

Il suo valore più che risiedere nello spettacolo dei sorpassi, è nella tensione pura. Monaco non testa la velocità massima di una monoposto; testa l’abilità, la precisione e la concentrazione mentale del pilota come nessun altro circuito, elementi che gli appassionati di sport sanno valutare. Vincere a Monaco non vale solo 25 punti; vale un posto nella storia, un prestigio che si riflette in ogni quota disponibile su piattaforme come BetFlag. Per chi è nuovo a valutazioni così complesse, è utile consultare le opportunità come il welcome Bonus, mentre gli scommettitori esperti tengono d’occhio le promo sport dedicate a eventi di tale portata.

Ciro Lieto

Ciro Lieto